N°21

ANCHE I RICCHI PIANGONO

 

Scegliere le parole da dire a qualcuno che ha appena subito un lutto è una delle cose più difficili da fare, nella vita; qualsiasi frase consolatoria suonerà sempre banale, e soprattutto inutile. E’ dura per tutti, sopratutto per una ragazzina di appena diciotto anni che assiste al suo primo funerale. Kate Bishop osservava la sia amica Amy in prima fila, vestita di nero, in lacrime, mentre guardava la bara che conteneva il corpo di suo padre venire seppellito. Provava un infinita pena per lei; come si sarebbe sentita, al suo posto? Qualche mese fa sua mamma è rimasta ferita da una pallottola sparata da un folle [1] e per poco non ci ha rimesso la vita. Come avrebbe reagito se le cose fossero andate diversamente? Tremava solo all’idea, cercando di scacciare quel terribile pensiero, stringendo la mano alla madre che le sedeva accanto.

Non poteva affermare di conoscere il padre di Amy, ma da quel poco che sapeva di lui, gli sembrava un uomo soddisfatto di se e della sua vita. Chi si sarebbe mai immaginato che una domenica come tante si sarebbe infilato nella vasca da bagno e si sarebbe tagliato le vene con il rasoio? Non puoi dire quanto fragile possa essere un uomo, anche quando in apparenza pare avere tutto quello che si può desiderare.

Terminata la funzione tutti si recarono al party di cordoglio in casa della famiglia di Amy; lei e Kate passeggiavano nel cortile. Inutile dire lo stato d’animo in cui versava la ragazza.

<Amy io... non so proprio cosa dire. > le disse Kate, mortificata.

<Ancora non me lo spiego.... cioè, non mi pare vero! N-Non posso credere che sia successo.... mia padre amava andare in barca, giocare a golf.... come può avere .... a-avere…> la frase gli morì in gola, interrotta da un pianto a dirotto. Kate era commossa, e l’abbracciò affettuosamente.

<Devono avergli fatto qualcosa Kate... me lo sento, so che è così…>

<Tesoro, so che è terribile quello che hai passato.... non riesco neppure ad immaginare quello che stai passando.... >

<N-Non capisci... nessuno capisce... papà non è mai stato depresso.... era un ottimista, sempre pieno d’entusiasmo... poi nelle ultime settimane era diventato taciturno, si chiudeva nel suo studio per ore…> aggiunse singhiozzando <e lo sentivo parlare per ore al telefono...  parlava incontinuazione di Debbie... Debbie, Debbie... >

<Chi è Debbie?>

<Debbie era il nome della sua prima moglie, quella che aveva sposato prima di mamma. Morì per un tumore al seno prima che io nascessi…. non capisci Kate? Almeno tu devi credermi!>

<C-Che cosa devo capire, Amy?>

<Quello cui parlava mio padre al telefono... quello a cui raccontava di Debbie ... forse qualcuno lo ricattava…dev’essere stato lui ad ammazzarlo! Ne sono sicura!>disse con gli occhi pieni di lacrime che sembravano dovessero uscirgli dalle orbite.  Kate iniziava ad aver paura.

<Non mi credi vero? Lo so, nessuno mi crede.... sei come tutti gli altri! Ma io so che è così, me lo sento... tutti pensano solo ai soldi che papà ha dissipato, ma io so che non si sarebbe mai suicidato!>

Il primo stadio del lutto è la negazione. Era evidente che la ragazza non era in se. Ma Kate conosceva Amy molto bene, e di quella ragazza si poteva dire di tutto, tranne che non avesse i piedi per terra. Di tutte le sue amiche, era quella con cui andava maggiormente d’accordo, proprio perché era realista, pragmatica e non una sognatrice viziata come la maggior parte delle loro compagne di scuola. Era una ragazza con la testa sulle spalle.... ma la perdita di un genitore, specie se in modo così drammatico, non è un trauma sufficiente per far perdere la testa anche ai più lucidi di noi?

Si poneva domande come queste mentre si recava al bagno per darsi una rinfrescata e rifarsi il trucco. Nel camminare , udì una chiacchierata tra due giovani donne dell’altra società.

<Certo, povera Hilary... perdere il marito in modo tanto violento... e non è neppure più tanto giovane da risposarsi... chi mai se la prenderà?>

<Beh le auguro di trovare una gallina dalle uova d’oro... hai sentito che ha fatto il povero Mike, prima di fare l’insano gesto?>

<No cosa?>

<Pare abbia intestato quasi tutti i suoi averi – tranne il fondo fiduciario intestato alla figlia – ad un lontanissimo parente.... un cugino, mi pare di avere capito…. Hilary sta chiamando commercialisti ed avvocati ma pare che, in buona sostanza, il marito non le abbia lasciato un becco di un quattrino…>

<Ma dai! Giura! Te la ricordi Mary Porter? Ma lo sai che le è successo la stessa cosa il mese scorso?>

<Ma non mi dire…>

<Ti dico di sì! Il marito è morto di non so quale malore, ma aveva cambiato il testamento pochi giorni prima, lasciando tutto ad una nipote, e nulla alla povera Mary!>

<Ah Dio ci scansi, dagli uomini così!>

Pettegole – sentenziò Kate – sono come gli sciacalli; approfittano delle disgrazie altrui per riempirsi la bocca e sputare sentenze. Tuttavia quella conversazione udita quasi per caso le fece suonare un campanello d’allarme in testa: come poteva essere che in poco più di un mese due uomini molto abbienti fossero morti lasciando un pugno di mosche alle loro famiglie? Una coincidenza? Per gli altri, forse.... ma non per chi, come Kate, ambiva ad diventare un eroina detective.

<La cosa mi puzza…> pensò la ragazza.

 

Villa Bishop. Quella sera.

 

Kate stava sdraiata a pancia sotto sul suo letto, scalza, digitando la testiera del PC portatile; scena familiare in qualsiasi casa dove vive un adolescente, più inusuale era quello che la ragazza stava cercando sul computer: non si stava scaricando una serie o della musica, no... era sul sito del Daily Bugle, cercando nell’archivio i necrologi dei mesi scorsi.

<E’ proprio come pensavo...  guarda qui.... c’è stata una vera e propria moria tra i milionari…i Dukes, Ron Huntzberger, John Ferris, Herb Powell....  il mio sesto senso mi dice che c’è qualcosa sotto. Com’è che nessuno se n’è accorto?> sospirò, poi si lisciò il mento e riflettè <Mmmm... a pensarci bene, l’alto numero di decessi causato dalla follia generata da Madcap deve aver fatto passare sotto traccia la cosa... e la polizia di questi tempi ha parecchi guai a cui pensare, specie dopo la morte di Adam Lane [ultimi 3 numeri].

Eppure penso che vi sia un qualche collegamento tra questi decessi fra ricconi. Beh, quest’indagine sembra su misura per l’affascinante Black Arrow. Sarà il mio primo caso in solitaria.... e quando lo risolverò, lo sbatterò in faccia a quella testa dura di Clint, così gli farò vedere quanto valgo e si pentirà di non avermi preso sul serio! [num 15] Si, gliela farò vedere!> disse entusiasta e fiduciosa, ma il suo fantasticare venne interrotto dalle urla che provenivano da fuori.

<Ma che succede?> disse uscendo dalla sua camera.

<Che cosa significa “me ne sono scordato” Derek? Dovevamo andare a teatro! Sono settimane che stavamo programmando questa serata!>

<Ho un altro impegno più importante che andare a vedere uno stupido musical! Questa è casa mia e non prendo ordini da nessuno! Nessuno mi dice quello che devo fare o quando devo farlo, è chiaro!>

<Papà andiamo...>

<Sta zitta Suzie o ti tolto tutte le carte di credito!> urlò rabbioso Derek Bishop, prendendo il cappotto e sbattendo la porta. Amanda Bishop rimase in piedi in preda allo sconforto. Sua figlia Susan le si avvicinò per consolarla.

<Mamma…>

<No, non piangerò; stasera andrò a teatro, come da programma! Non mi farò rovinare al serata dall’egoismo di tuo padre! Fa preparare la macchina; in vado in bagno a rifarmi il trucco.> disse, asciugandosi il mascara che le era colato sulla faccia.

Kate osservò la scena dalle scale al piano di sopra. Non aveva mai visto suo padre comportarsi in quel modo.

<Povera mamma.... dopo tutto quello che a passato. Ma che gli è preso a papà?> si domandò incredula.

 

Spanish Harlem.

 

<Ci siamo, ora o mai più.> sospirò Mike Manfredi. Era giunto per lui il momento di scoprire se le leggende sul conto dell’amuleto della Tigre di Giada fossero reali. Prese un respiro e indossò la collana con per ciondolo la testa della tigre e andò in direzione di una gang di ispanici che appoggiati ad una macchina. Lo stereo mandava musica latina a tutto volume. Mike si avvicinò con fare minaccioso.

<Oh e tu che vuoi chico? Che cazzo guardi?>

<Un mucchio di stronzi, ecco cosa.> disse, volutamente offensivo e provocatorio.

<Que? Tu devi essere todo loco amigo....  porta il culo lontano da qui finchè te lo permetto, “Gino” prima che cambi idea e te lo prenda a calci.>

<Ehi vi racconto una barzelletta... ci sono tre ispanici in un auto.... chi sta alla guida? Semplice… un poliziotto.> rispose Mike.

<Ehi ehi ehi.... questo pezzo di merda ha delle manie suicide...> disse uno della gang, mentre tutti gli altri gli si fecero contro. Uno di essi gli andò alle spalle e tirò fuori un serramanico.

Il tizio cercò di pugnalarlo ma lui fu più rapido nel colpirlo con una gomitata allo sterno seguita da un immediato colpo al naso. L’aggressore cadde a terra mettendosi le mani sul volto coperto di sangue.

<Prendiamolo!> gridò uno degli altri, mentre l’interna banda si gettò addosso a Michael, ma nessuno di essi però riuscì a sfiorarlo: un calcio alto ad uno, uno al petto all’altro, una parata, un colpo portato col palmo della mano, una schivata, seguita da una rapida combinazione di pugni al torace... il tutto durato pochissimi minuti. Tutti i membri della banda erano a terra doloranti, Mike non aveva neppure sudato. Si allontanò di corsa da lì, dopo aver superato con un agile balzo un’auto parcheggiata che gli sbarrata la strada.

<Ahi... ma chi diavolo era... quel pazzo?> si domandò una delle sue vittime.

In quel momento Mike Manfredi correva col cuore che gli batteva all’impazzata per l’eccitazione.

<Era tutto vero! Gesù, mi muovevo come Bruce Lee! Ero una scheggia! Non mi hanno nemmeno sfiorato cazzo!> era entusiasta di aver constatato che il potere dell’amuleto autentico. Originario della città mistica di K’un L’un, quel manufatto era in grado di conferire al suo possessore l’abilità di uno straordinario maestro di arti marziali, oltre a triplicarne forza, velocità, agilità e tempi di reazione.

<E adesso voglio proprio vedere se affermerai che non sono ancora pronto, Maya Lopez...> pensò, con grande autocompiacimento.

 

Villa Bishop. Giorni dopo.

 

Le sue uscite diventavano sempre più frequenti, e le ore chiuso nel suo studio a telefonare ancora di più. Derek Bishop ormai era alla stregua di un fantasma, stava in casa giusto il tempo per dormire, trascurando la famiglia. Ormai tutti s’erano fatti l’idea che si fosse fatto un amante, e che il suo matrimonio fosse ormai alla frutta; a nulla servivano le suppliche delle moglie di parlarne insieme o di andare da un consulente di coppia; Derek era sempre più distante, assente. Non diceva a nessuno dove passava le sue serate. Non permetteva a nessuno di entrare nel sui ufficio. Amanda Bishop cercava di non darlo a vedere ma passava ore in bagno a piangere. Kate non poteva più sopportarlo. Così una sera decise di seguire suo padre, e di andare a conoscere la donna che stava distruggendo la sua famiglia; le avrebbe chiesto di rinunciare, di farsi da parte, di non rovinare la sua famiglia. L’avrebbe fatto ragionare, oppure... l’avrebbe “incoraggiata” con altri metodi poco ortodossi.

Suo padre aveva un autista da anni, ma vi aveva rinunciato da quando tutta questa storia era cominciata. Pedinarlo non sarebbe stato difficile; dopotutto da Occhio di Falco aveva imparato a fare pedinamenti molto più complessi. L’auto proseguì la sua corsa fino a fuori città. Un percorso che non si aspettava; sospettava di qualche sciacquetta dei quartieri alti... la curiosità di Kate verso quella donna cresceva di minuto in minuto.

Divenne vero e proprio stupore quando vide arrivare suo padre davanti a quella che sembrava.... una chiesa? No, non era proprio una chiesa... sembrava più uno di quei ritrovi per gli alcolisti anonimi.

<Il mistero s’infittisce... che ci fa papà in un posto del genere?> pensò vedendolo entrare.

Doveva assolutamente vedere cosa accadeva lì dentro. Doveva. Ma non poteva entrare senza farsi beccare da suo padre... cosa gli avrebbe detto? No, questo era un lavoro per Black Arrow: preventivamente aveva messo nel bagagliaio del suo duetto il suo costume e la sua attrezzatura; non poteva negare a se stessa che cambiarsi e di indossare il suo costume le recava un brivido di eccitazione, ancor di più quando con il suo arco scoccò una freccia-cavo e si arrampicò sul tetto per spiarli. Un allenamento da agente segreto.

<Alla faccia tua, Clint Barton...> pensò mentre scalava la parete. A dire la verità Clint le mancava terribilmente; tutto quello che sapeva fare era frutto dei suoi insegnamenti. Ma non poteva sopportare il fatto che non la rispettasse e non le desse abbastanza credito.

<E’ perché sono una donna, sono sicuro... “vuole proteggermi”. Stupido macho stronzo... scommetto che se fossi un ragazzo non si farebbe tanti scrupoli!>

Finalmente arrivò in cima e tornò a concentrarsi sulla sua missione. Vi era un lucernario da cui poteva scorgere all’interno. Anche all’interno era simile ad una chiesa o un luogo di culto, pieno di immagini strane... egizi, navajo, sumeri, maya, dall’India.... ma tutto si sarebbe aspettata, tranne di vedere quanto stava osservando.

<Porca vacca.... sembra una loggia massonica!> pensò tra se e se.

In effetti, tutti i membri indossavano una tonaca nera, simile a quella dei monaci. Sul palco c’era un oratore, che vestiva una tonaca rossa. Sembrava di essere sul set di “Eyes Wide Shut” ma senza maschere.

<Fratelli, benvenuti.> disse <Sono contento di rivedervi. Mi fa felice vedervi così numerosi. Questa sera abbiamo un nuovo amico.... diamo tutti il benvenuto a Paul.>

Tutti i presenti fecero un applauso incoraggiante, mentre il nuovo entrato saliva timidamente sul piccolo palco pronto a raccontare la sua storia.

<Uh salve. Io sono Paul e... insomma sono qui perché.... tre anni fa ho perso mia moglie. Io e Marcy avremmo fatto il mese prossimo 25 anni di matrimonio... avevamo in programma di andarcene a Parigi... sapete, la città più romantica del mondo. Progettavamo questa vacanza da anni poi.... sembrava un intervento di routine, non so cosa è andato storto> disse iniziando a singhiozzare <i medici hanno parlato di una vena nel cervello che s’era rotta .... io non c’ho capito molto, fatto sta che l’hanno dovuta mettere in coma farmacologico, e dopo un paio di settimane lei…> fece una lunga pausa e non terminò la frase <Sono passati tre lunghi anni e ancora la notte allungo la mano verso il suo lato del letto, sperando di sentire la sua pelle e invece...> il pianto mise fine al suo triste monologo. Il “santone” – un uomo alto, sulla quarantina, rasato a zero – gli strinse le spalle, con fare affettuoso.

<Ti ringraziamo tutti, Paul, per la tua testimonianza. Tutti noi qui abbiamo fatto un’esperienza simile alla tua... tutti abbiamo perso qualcuno di caro... figli, mogli, mariti, fratelli.... che c’è stato strappato via prima del tempo. Ma noi non siamo solo carne.... quella è fragile, ma il nostro spirito, il nostro pensiero, la nostra anima... quella è immortale fratelli.  In ogni civiltà, dall’alba dei tempi, vi è il culto dei morti... perché secondo voi?>

Seguì un lungo istante di silenzio.

<Perché da sempre esiste il modo di mettersi in contatto con lo spirito dei morti. Non è semplice... bisogna avere fede. Io non vi chiedo di rinnegare le vostre religioni, no.... anzi, vi chiedo di abbracciarle. Qualunque essa sia. La fede non è altro che il modo con cui apriamo la nostra mente e il nostro cuore al mondo dell’aldilà. Ma più siamo andati avanti col corso dei secoli, più ci siamo evoluti, più la nostra civiltà è divenuta cinica e materialista e sempre meno disposta a credere in qualcosa che non si può vedere ... o acquistare. Noi siamo diversi. Noi siamo disposti a rinunciare a tutte le distrazioni materiali per riuscire ad riottenere quel tipo di sensibilità.>

<Un ciarlatano spilla quattrini> osservò Kate sbuffando <Papà, ma in cosa diavolo ti sei cacciato?>

 

La cerimonia terminò e tutti presero la loro strada. Black Arrow si trovò ad essere indecisa: seguire suo padre o il misterioso oratore? Questa sorta di setta la incuriosiva parecchio....  quella specie di massone nascondeva qualcosa, ci avrebbe scommesso la sua ultima freccia. Era venuta fin lì per conoscere l’amante di suo padre ed era venuto fuori un mistero ancora più intrigante...ma la priorità l’aveva suo padre: in fin dei conti, era il suo cambiamento di atteggiamento che l’aveva spinta in quell’impresa. Decise allora di seguirlo di tornare a casa. Una volta giunti alla villa, Derek andò a chiudersi nel suo studio senza dire niente a nessuno, come era solito fare da settimane a questa parte, mentre tutti i casa mantenevano un imbarazzato silenzio, sintomo di grande disagio. Kate doveva assolutamente scoprire cosa suo padre stesse facendo, dopo aver assistito a quella strana messa, e sebbene si sentisse imbarazzata, si arrampicò sul tetto in modo da poter spiare all’interno dello studio di suo padre dalla finestra. Arrampicarsi non fu difficile per lei, sperava solo di non essere scoperta. Purtroppo l’angolo di visuale era pessimo e non riusciva a vedere cosa stesse facendo suo padre: dalla posizione in cui era poteva intuire che s’era recato nell’angolo bar a versarsi un bicchiere di Brandy o di scotch. Lo sentiva parlare al cellulare con qualcuno. Forse un appartenente a quella strana setta?

<Io.... lo trovo estremamente difficile. Non è facile, quello che mi chiedi.> esclamò Derek mandando giù un sorso.

<Lo so bene. So che quello che ti chiedo è un grosso sacrificio. Non prendo alla leggera questa mia richiesta. Ma so per certo che è l’unico modo che abbiamo.> rispose una voce calma e suadente. Non stava parlando al cellulare. C’era qualcuno nello studio con lui, ma Kate non riusciva a vederlo. Chi era, e quando era entrato? Si domandò la ragazza. Provò a sporgersi per ampliare la sua visuale, ma suo padre attraversò lo studio e lei dovette nascondersi per non essere vista.

<Cosa c’è? Non vuoi più farlo?>

<Certo che voglio farlo... lo sai. E’ solo che…>

<Hai paura. Te l’ho detto, lo capisco. Ma la morte è solo un passaggio, papà. Un passaggio per un mondo totalmente diverso, privo di dolore e paura. Cerca di farti coraggio. La morte è la chiave della salvezza.  E’ un secondo. Un colpo e spariranno tutte le preoccupazioni. Sarai libero, libero come non sei mai stato.>

Fu tutto molto rapido: alla parola “papà” la curiosità spinse Kate ad affacciarsi e a osservare il suo interlocutore. Non vide nessuno, ma quello che riuscì a scorgere le gelò il sangue: suo padre, visibilmente turbato, in un apparente stato di trance, impugnava la sua pistola e lentamente, con mano tremolante, se la stava portando sotto il mento.

Non ci fu il tempo per pensare: Black Arrow sfondò la finestra per evitare l’insano gesto.

<NO!> gridò facendo la sua entrata, colpendo il padre al polso: la pistola venne deviata e la pallottola andò a piantarsi nella parete. Derek Bishop aveva l’aria di essere drogato: gli occhi, dalla pupilla dilatata, erano pieni di venuzze rosse. Era caduto a terra e aveva l’aria di non capire come v’era finito. Cercava di raggiungere a carponi la pistola continuando a ripetere <Arthur.... Arthur.... Arthur!!> come un tossico.

Kate provava un infinita pena nel vederlo ridotto così.

<Oh papà...> fu la sola cosa che riuscì a dire, mentre le lacrime cominciavano a scorrergli sulle guance.

Afferrò suo padre per il bavero e con quello che fu forse il gesto più difficile della sua vita lo colpì al volto con l’intento di metterlo K.O.

Fu un gesto che fece più male a lei che a lui.

<Scusami...> sospirò.

Il rumore della finestra frantumata e dello sparo richiamarono l’attenzione del resto della famiglia e della servitù. Black Arrow fece in tempo a sparire rapidamente com’era entrata, lasciando i testimoni spaventati per l’accaduto. Ancora sconvolta e spaventata tornò giù, si tolse il suo costume salì in casa ad abbracciare sua madre e sua sorella, che piangevano disperate nel vedere il povero Derek steso a terra e la pistola fumante, mentre il loro maggiordomo chiamava il 911.

 

***     

 

Aveva giurato a se stessa che non sarebbe più venuta lì. Che sarebbe stato lui a implorarla di tornare. Si sarebbe mostrata più dura, più caparbia. Ma dopo quanto era successo a casa sua non c’era il tempo di essere orgogliose o testarde, e a lei serviva tutto l’aiuto possibile. C’erano cose più importanti del suo amor proprio, in ballo, lo sapeva bene. Ma anche così, fare quei gradini e suonare a quella porta era incredibilmente difficile. Già immaginava il ghigno di trionfo di Clint nel vederla “tornare strisciando”. Stringeva i pugni e inspirava rumorosamente. Si fece coraggio e suonò alla porta.

<Arrivo, arrivo...>

Clint aprì la porta visibilmente assonnato; spettinato, la barba di tre giorni, pantaloni della tua e t-shirt stropicciata. Probabilmente la ronda della notte scorsa era stata più impegnativa del previsto, oppure era stato occupato con qualche missione insieme ai Vendicatori.

<Oh... ciao. Che ci fai qui?> si limitò a dire.

<Ciao Clint. Posso parlarti?>

<Entra…>

La ragazza era nervosa, imbarazzata, ma Clint pareva non curarsene, più preoccupato per il sonno perduto che per altro.

<Metto su il caffè. Ne vuoi?>

<No, grazie. Sono a posto. Maya non c’è?>

<No... è fuori città. Mi pare si andata a visitare una riserva Cheyenne.>

<Senti, salto i convenevoli e vengo al punto: sono qui perché mi serve il tuo aiuto.>

<Spara.>

Kate iniziò il suo racconto, non tralasciando nulla, nessun dettaglio, fino al momento fatidico in cui suo padre aveva impugnato la pistola e cercato di spararsi. Clint ascoltava in silenzio, sorseggiando il suo caffè.

<Capisci Clint? Solo dopo che ho visto mio padre in quello stato ho messo insieme i pezzi: Arthur era mio fratello più grande... morto prima che io nascessi. Quella setta fa leva sul dolore della perdita di qualcuno di caro, e in qualche modo che ancora non capisco ti fa il lavaggio del cervello! Anche il padre della mia amica Amy doveva farne parte; mi ha detto che prima che si suicidasse continuava a ripetere il nome della sua prima moglie. E sono pronta a scommettere che c’erano dentro anche quegli altri miliardari morti! Sono sicura che sia così, ma non posso provarlo! Non sono riuscita a trovare nulla che colleghi i decessi alla setta, ma sento che è così!>

<Ha senso> rispose lui <La polizia deve aver archiviato tutto come eventi legati alla follia generale causata da Madcap. Chiunque sia il tizio di ‘sta setta, è molto furbo.>

<Io non posso muovermi. Papà è in uno stato pietoso e devo stare con la mia famiglia. Non so a chi altri chiedere. Devi inchiodarli Clint. Aiutami, ti prego.>

<Non dire altro. Certo non sarà facile... è evidente che questo tipo adesca solo tipi danarosi, si muove in un ambiente molto esclusivo. Ma so già come muovermi in quel senso... piuttosto dimmi, cos’hai trovato nello studio di tuo padre?>

<Non molto, ma qualcosa che può esserci d’aiuto forse c’è...> dalla sua borsetta Kate tirò fuori alcuni oggetti.

<Questa specie di medaglione l’aveva al collo mio padre. Non so, è una specie d’amuleto... non glielo avevo mai visto, per cui ho pensato che non so, ci può essere qualche indizio utile. Poi c’erano anche questi: non so cosa sono di preciso... sembrano rotti. Ma sono certa che non appartenevano a mio padre.>

<Dove li hai trovati?>

<Dietro i quadri, sopra la libreria... li avevano imboscati bene.>

<Hanno l’aria di essere dei proiettori... o degli ugelli. Non mi è chiaro... dovrò farli analizzare da un amico. Fammi fare una chiamata…>

 

Base dei Vendicatori. Il giorno dopo.

 

<Benvenuto, padron Clint.>

<Salve Jarvis. Hank è venuto?>

<Si; padron McCoy è nello studio. Ho appena servito il the. C’è anche padron Rogers con lui.>

<Steve è qui?>

L’umore di Occhio di Falco cambiò di colpo. Era contento di rivedere il suo vecchio amico Hank McCoy; era passato parecchio tempo dall’ultima volta che Bestia aveva fatto parte della squadra, prima di tornare con gli X-Men, e l’occasione di rivederlo lo rendeva felice. Tutt’altra faccenda era invece rivedere Steve; da quando aveva scoperto che in realtà era ancora vivo e che aveva simulato la propria morte per farsi una vita da civile [Vendicatori MiT 89] tra i due non correva buon sangue. Clint non l’aveva presa affatto bene e aveva deciso di non avere più rapporti con lui.

Entrò nello studio e li vide conversare: Steve era in borghese, seduto su di una poltrona, mentre l’irsuto mutante scimmiesco, come a suo solito, stava in equilibrio sopra lo schienale di una sedia.

<Beh Steve, ammetto che quando Iron Man mi ha detto che eri ancora vivo sono rimasto sorpreso: queste trovate sono più da noi X Men. Ti ho mai raccontato di Dallas, ad esempio?>

<Mi pare di si, Henry.>

<Insomma, credevo che fossimo noi mutanti ad avere il copyright sulle resurrezioni ... non sto dicendo che Gesù fosse un mutante, intendiamoci ma...  oh guarda chi si è unito a noi: direttamente dalla foresta di Sherwood, l’infallibile Occhio di Falco!>

<Ciao Clint.> lo salutò Steve.

Falco tirò dritto, ignorandolo, facendo finta di non averlo sentito.

<Hank sono contento che tu sia venuto. Raggiungimi in laboratorio quando hai finito, devo parlarti.> disse, freddo e distaccato. La sua indifferenza ferì Steve, anche se l’ex Capitan America cercava di non darlo a vedere.

<Va pure Hank. Io devo ancora parlare con Jarvis...> si limitò a dire.

Bestia si sentiva imbarazzato, la tensione tra i due si poteva tagliare con il coltello. Si congedò affettuosamente da Steve e raggiunse l’arciere nel suddetto laboratorio.

<Brrrrrrr. E io pensavo che l’Uomo Ghiaccio fosse il mio compagno di squadra.... ma tu, bello, faresti rabbrividire persino lui!>

<Che vuoi dire?>

<Che vuoi dire? Mi prendi in giro? La vanità è un peccato, ma io sono parecchio intelligente, monsieur Bartòn, ma persino uno stupido si sarebbe accorto che tira una brutta aria tra te e il redivivo herr Kapitän; allora, mi vuoi dire che succede?>

<Non c’è molto da dire Hank; Steve si è dato alla macchia spacciandosi per morto, senza dirci niente, e la cosa non mi è andata giù. >

<Lo hai pianto a lungo, credendolo morto, e ora che scopri che è vivo, anzichè riabbracciarlo ed essere contento di potergli riparlare, lo ignori e fingi che non esista?  Scusa Clint, ma non capisco molto il senso del tuo comportamento...>

<Ma non capisci, Hank? E’ esattamente questo, il punto! Mi ha preso in giro, non si è fidato di me! Mi ha fatto credere di essere morto mentre invece se ne stava tranquillo e beato, non preoccupandosi minimamente di quello che stavamo provando! Ma che amico è uno che si comporta così, eh?>

<Lo conosci meglio di me, Clint; sai bene che non dev’essere stato facile per lui. Non lo avrà fatto a cuor leggero. Mi stava spiegando che non aveva altra scelta. Se ascoltassi quanto ha da dire...>

<Che c’è da dire? Mi ha tenuto all’oscuro! Ha tenuto opportuno non condividere questo suo segreto con me! Vuol dire che non mi riteneva degno di fiducia!>

<Ok, non voglio più metterci becco; sono più che sicuro la risolverete tra di voi.  Piuttosto, dimmi il motivo per cui mi hai chiamato... non che non mi faccia piacere questa rimpatriata tra amici...>

<E’ per un caso a cui sto lavorando. Un tizio in preda alle allucinazioni è convinto di parlare con un morto e cerca di farsi saltare il cervello per raggiungerlo. Penso sia stato drogato da questo.> gli porse un sacchetto contenente il ciondolo che era al collo di Derek Bishop.

<Ecco il motivo per cui ho chiesto il tuo aiuto, mi serviva uno a cui piace giocare al piccolo chimico, e con Pym dall’altra parte del paese, tu eri il candidato più indicato.>

Bestia osservava l’oggetto.

<Interessante…> disse esaminandolo.

<E non è tutto; perquisendo il suo appartamento ho trovato anche questi. Un cervellone come te saprà di che diavolo si tratta.> disse mettendo i componenti elettronici sul tavolo.

<Uuuuuh... la cosa di fa ancora più interessante. Questo tizio a cui stai dando la caccia dev’essere veramente abile…> esclamò, iniziando a maneggiare con questi strumenti con lo stesso entusiasmo con cui un bambino scarta i regali la mattina di natale.

 

Bestia si mise al lavoro e concentrato sulle sue analisi non si accorse del tempo che passava, al contrario Clint moriva di noia e mentre l’amico lavorava nel laboratorio, lui andò in palestra per una sessione d’allenamento nel tiro con l’arco. Passata quasi un’ora, andò in cucina a chiedere a Jarvis di preparare due tazze di caffè, e con le tazze ancora fumanti tornò al laboratorio.

<Dai Hank fa un pausa...>

<Ho quasi terminato. Come ti dicevo, chiunque ci sia dietro è uno che ci sa davvero fare.> disse afferrando al tazza che l’arciere gli porgeva <vedi il ciondolo è di metallo poroso, invisibile ad occhio nudo, ed emette un composto chimico, del tutto inodore e incolore.  Una tossina che anche in piccole dose rende il soggetto che la inala altamente suggestionabile... ancora di più se mescolato con l’alcool, diventa un mix micidiale. Già solo questo basterebbe a rendere la vittima malleabile...  ma il vero capolavoro sono quest’altri oggettini che mi hai portato.>

<Che cosa sono?>

<Sono dei minuscoli proiettori olografici e dei sofisticati microfoni. Puntati sulla retina di qualcuno possono mostrargli qualunque immagine desiderata... il che, mischiato con l’allucinogeno di cui ti accennavo prima, riuscirebbe a farti credere di essere ovunque... o di vedere qualunque cosa. Molto raffinato, non c’è che dire.>

Era tutto chiaro adesso, per Occhio di Falco. Una sofisticata truffa volta a derubare alcuni miliardari. Kate aveva visto giusto, c’era qualcuno dietro tutte quelle morti.  Quella ragazza era dannatamente sveglia, doveva riconoscerlo. C’era tagliata per questo lavoro, non c’era che dire. Aveva un vero talento nel fiutare i guai. L’uomo che aveva orchestrato questo ingegnoso crimine era uno molto furbo. Non sarebbe stato facile scovarlo. Bisognava attirarlo allo scoperto con un esca irresistibile.

<E io so dove trovarla…> disse lisciandosi il mento con un espressione sorniona sul viso.

 

CONTINUA....

 

 

 

Le Note

 

 

Il titolo di questo episodio proviene non da un film stavolta ma da una telenovela messicana celebre negli anni ottanta; l’ho trovato adatto visto che i protagonisti di questa prima parte sono famiglie facoltose che non se la passano affatto bene.

 

Torna Kate Bishop alias Black Arrow, dopo essere stata un po’ in ombra negli ultimi episodi.

 

Due parole sulle due guest star di questo episodio:

 

Hank McCoy alias la Bestia torna alla base dei Vendicatori dopo averci militato per anni. Membro fondatore degli X Men, oltre alla straordinaria agilità scimmiesca ha un intelligenza straordinaria che oltre ad fargli parlare fluentemente diverse lingue, gli conferisce una vasta conoscenza in diversi campi della scienza e come ha detto Clint,con Hank Pym indisponibile (a Los Angeles a guidare i Vendicatori Costa Ovest, come sapete) era il candidato ideale per aiutarlo in queste “faccende da cervelloni”.

 

Steve Rogers alias l’ormai ex Capitan America ha rivelato hai Vendicatori di essere ancora vivo durante il crossover Crepuscolo Rosso che mi auguro abbiate letto su Vendicatori MiT 89, Vendicatori Segreti 20 e Vendicatori 90. Occhio di Falco non l’ha presa bene e dopo avergli mollato un gancio destro ha deciso di non rivolgere più la parola al suo ex mentore.

 

Menzione speciale per Mike Manfredi, destinato ad ereditare il ruolo che fu del defunto Hector Ayala e diventare la nuova Tigre Bianca, grazie alle abilità concessegli dall’amuleto della Tigre di Giada.

 

Nel prossimo episodio: torna la principessa Pitone, apparizione speciale di Tony Stark e la rivelazione del villain..... ma sono abbastanza sicuro che qualcuno di voi ha già intuito chi c’è dietro a tutto, non è vero???

 

1= Giovani Vendicatori # 2 di Valerio Pastore

 

 

Carmelo Mobilia